sabato 26 novembre 2016

Al CTO di Firenze si muore per le scale, Mugnai (FI): «Assurdo morire per trauma cranico lì dove si va a curare i traumi»

Il Vicepresidente della Comm. sanità del Consiglio regionale Stefano Mugnai: «Invito la Regione ad accertare la dinamica dei fatti»


«CTO: morte per le scale. Non il titolo di una fiction ma il giallo di una realtà che lascia sconcertati e che ci mette davanti alla verità che si può morire per trauma cranico nel Centro ospedaliero dove ci si ricovera per curarli, i traumi. Al di là delle ipotesi della magistratura, questo è un episodio su cui riflettere e invito la Regione a farne caso di scuola accertando la dinamica esatta dei fatti per evitare che simili eventi si possano ripetere»: così  il Vicepresidente della Commissione sanità del Consiglio regionale Stefano Mugnai (capogruppo Forza Italia) sul decesso del 72enne ricoverato nella neurologia del Centro Traumatologico Ortopedico (CTO) di Firenze e trovato morto, secondo le prime evidenze autoptiche dopo diversi minuti di agonia, per le scale tra il quinto e il quarto piano dell’edificio quando ormai era troppo tardi.


Sulla vicenda Mugnai ha già predisposto un’interrogazione da depositare subito lunedì, alla riapertura degli uffici. «Se anche l’autorità giudiziaria non dovesse ravvisare ipotesi di omessa custodia che integrino reato – osserva Mugnai – resta l’evidenza per cui nessuno ha cercato il paziente per un bel pezzo. Non aveva restrizioni di motilità, vero, ma ci si chiede come in un ospedale dove in quelle ore del mattino si somministrano cure e nelle stanze c’è via vai l’assenza di questa persona non abbia destato preoccupazione. Ci sarebbe stato il tempo di salvare il paziente dopo la caduta per le scale, secondo i rilievi del medico legale. Ma nessuno si è accorto di nulla. Possibile non saper garantire l’incolumità e di un paziente all’interno dell’ospedale che dovrebbe custodirlo e restituirgli salute e benessere? Tutto ciò è paradossale e deve far riflettere. Anche per quanto riguarda i carichi di stress di operatori sanitari i cui organici sono ridotti al lumicino e che evidentemente accusano la fatica al punto da perdere di vista, ma proprio letteralmente, il paziente».

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